Entro oggi dovrebbero essere rese note le determinazioni della Commissione Grandi rischi, riunita da giovedì 6 marzo per esaminare i parametri dell’area flegrea e stabilire l’eventuale passaggio dall’attuale “giallo” ad “arancione”. Nel frattempo sul sito del Dipartimento della Protezione civile si legge che “Il valore massimo di sollevamento raggiunto, alla fine di gennaio 2025, nel Rione Terra a Pozzuoli (punto di massima deformazione della caldera) è di circa 138 cm, di cui circa 20 cm da gennaio 2024”.

La sismicità 

Dal 2018 il sollevamento è stato accompagnato da un graduale incremento dell’attività sismica, sia nel numero di terremoti sia nella loro magnitudo, riconosce il Dipartimento di Protezione civile. Nel corso del 2023 il nuovo incremento nella frequenza dei terremoti, per la maggior parte verificatisi nell’area compresa tra Astroni, Solfatara-Pisciarelli-Agnano, Pozzuoli e Golfo di Pozzuoli, con profondità prevalentemente concentrate nei primi 2 km: significa molto in superficie. 

Nel 2024, quindi, l’evento di magnitudo di 4.4 nell’area della Solfatara. Il resto è storia recente, con l’ultimo sciame stanotte, dopo una manciata di giorni di calma relativa, e il sisma di magnitudo 3.2 a una profondità di circa 1 chilometro. NapoliToday ha chiesto il punto della situazione al vulcanologo Giuseppe De Natale, già direttore dell’Osservatorio Vesuviano, dirigente di ricerca dell’INGV, docente universitario, autore di 200 pubblicazioni scientifiche, tra gli esperti più arguti e critici nel settore. “Attenzione – dice subito De Natale – io rispondo a titolo personale perché non rappresento nessuna istituzione in questo momento, ma solo la mia esperienza”. 

Iniziato nel 1950 il sollevamento del suolo 

“I Campi Flegrei – spiega de Natale – sono un’area vulcanica, un’area calderica che per molti secoli è stata tranquilla dopo l’eruzione del 1538. Sfortunatamente, è proprio nella nostra epoca, e in particolare dal 1950 in poi, che è iniziato un nuovo episodio di sollevamento del suolo. Nel 1950 non se ne era accorto nessuno. Lo abbiamo capito solo nel 2010, con alcuni colleghi che hanno recuperato i dati di livellazione del suolo fatti dall’Istituto Geografico Militare. Allora non ci furono terremoti. Dal 1969 al 1972 ci fu quindi un episodio di forte sollevamento del suolo, circa oltre 1 metro e 70 in due anni e mezzo, e ci furono i primi terremoti. Fu una sismicità però molto moderata, che raramente superava la magnitudo 2. Nel 1982 ricominciò il sollevamento del suolo e tra il 1983 e l’84 ci fu una sismicità molto più marcata, con magnitudo che arrivarono a 4”.

Le evacuazioni del Rione Terra e di Pozzuoli

Sia per il rischio sismico, sia fondamentalmente per il rischio vulcanico, nel 1984 fu evacuata l’intera città di Pozzuoli, spostata a Monte Ruscello, che fu praticamente costruita ex novo, quasi totalmente, per ospitare circa 40.000 persone evacuate da Pozzuoli. Già nel 1970 c’era stata l’evacuazione completa del Rione Terra, la zona più vicina al porto di Pozzuoli, dove si è sempre misurato il massimo sollevamento del suolo: vennero evacuate circa 3.000 persone, spostate al Rione Toiano di nuova costruzione.

“Nei Campi Flegrei difficile prevedere le eruzioni” 

Tutto questo già ci fa capire come è difficile in quest’area prevedere le eruzioni, perché in fondo le due evacuazioni del 1970 e del 1984 furono fatte appunto perché si temeva un’eruzione imminente, che poi in realtà non ci fu. Oggi, se dovessimo seguire lo stesso ragionamento dell’epoca, nel caso che fossimo convinti di un’eruzione imminente, dal momento che nella zona rossa si trovano 500mila persone, dovremmo evacuare appunto 500mila persone. Ovviamente questa volta dovremmo essere realmente convinti, perché spostare 500mila persone e più, senza che poi accada niente, sarebbe un disastro sia economico, sia in termini di disagio della popolazione.

Magnitudo, profondità e percezione

Abbiamo studiato a fondo e pubblicheremo fra poco un lavoro sull’eruzione del 1538. Sappiamo che la sismicità che accompagnò l’eruzione del 1538, l’unica in epoca storica, fu di magnitudo circa 5. Ci sono poi anche considerazioni teoriche da un punto di vista sismologico che, come ha correttamente detto l’assessore Cosenza, ci dicono che più o meno qui possiamo aspettarci terremoti fino a circa magnitudo 5 o 5.1.

Sicuramente non possiamo avere terremoti di magnitudo 6 o di magnitudo 7 come si verificano in Appennino. Il problema però è che mentre in Appennino i terremoti avvengono a 10 o 15 chilometri di profondità circa, quindi molto lontani dalla superficie, qui invece i terremoti avvengono a 2 o 3 chilometri di profondità.

Per esempio il terremoto che è avvenuto la notte del 17 febbraio scorso alle 00.19, ha avuto delle accelerazioni massime registrate al suolo che sono pari alla metà della accelerazione di gravità, sono cioè delle accelerazioni molto, molto forti, che in genere rileviamo nei terremoti appenninici di magnitudo superiore a 5.5 o anche 6, avute qui con un terremoto di magnitudo 3.9: questo perché sono molto superficiali e quindi l’onda sismica arriva alla superficie poco attenuata, vicinissima in pratica agli edifici che ci stanno sopra.

I terremoti più forti iniziati a fine 2023 

Le strutture hanno tenuto nel senso che non ci sono stati collassi, però i vari terremoti più forti, che tra l’altro sono iniziati il 27 settembre del 2023, quando ci fu il primo sisma di magnitudo superiore a 4, pari a 4.2, poi c’è stato il 2 ottobre un magnitudo 4, poi quello finora più forte del 20 maggio 2024 di magnitudo 4.4, che hanno provocato danni notevoli tant’è vero che decine di edifici sono stati sgomberati.

Ho letto dai media (quindi spero che siano valori corretti) che è stata pubblicata una prima valutazione di vulnerabilità cosiddetta speditiva, cioè fatta guardando gli edifici da fuori, lo stato di lesioni etc., e su quasi 13mila edifici controllati almeno un 10% sono stati trovati con danni gravi, mentre un 50% andrebbe valutato perché i danni potrebbero andare da medio a gravi.

È chiaro che, per esempio, quel 10% di edifici con danni gravi e andrebbe subito consolidato o al limite sgomberato perché per i prossimi terremoti alcuni di quegli edifici potrebbero collassare.

Il problema è che in questi edifici, man mano che ci sono terremoti, la vulnerabilità diventare sempre più alta, cioè diventano sempre più fatiscenti perché i danni possono soltanto aumentare. Quindi, anche se hanno resistito finora a terremoti di una certa magnitudo, non è detto che non possano collassare in futuro anche per terremoti di magnitudo minore, perché ormai le loro strutture sono già danneggiate.  

Cosa significano i boati

Per i terremoti superficiali si avvertono esplosioni perché l’onda sismica che in fondo è la stessa cosa di un’onda acustica si propaga nelle rocce. Quando dalle rocce passa all’aria, quindi attraversa la superficie, si trasforma in un segnale sonoro che in genere viene percepito come esplosione.

Quali sono i segnali di un’eruzione imminente

In realtà prevedere una eruzione è una cosa estremamente difficile e in particolare in quest’area. Come ho detto, in quest’area sono già state “previste”, tra virgolette, come imminenti due eruzioni che poi invece non sono avvenute, nel 1970 nel 1984. Quindi sicuramente la popolazione non può avere nessun ruolo nella previsione delle eruzioni.

La cosa migliore è sempre quella di affidarsi a quello che dicono le istituzioni preposte, anche se purtroppo anche per le istituzioni preposte questo è un problema difficile, ma certamente non può essere la singola persona o la popolazione a capire quando ci sarà un’eruzione.

La paura

“Per il mestiere che faccio e per i terremoti che ho sentito, anche da vicino, non ho paura dei terremoti. Forse perché finora non mi è ancora diciamo crollato un palazzo addosso, se no la paura l’avrei. Diciamo che non è una questione di aver paura. Mi rendo conto che comunque per alcune persone che vivono nelle zone più a rischio, più esposte, sentire terremoti in continuazione, è molto probante proprio a livello psicologico e questo è un altro motivo per cui, forse, alcune zone andrebbero preventivamente evacuate, perlomeno mentre sì valutano a fondo le possibilità degli edifici di resistere a terremoti più forti, sia perché appunto magari c’è il rischio che persone possano vivere in edifici che sono fatiscenti e non lo sanno, sia perché oggettivamente in alcune zone si sentono terremoti continui nella maniera più forte ed è molto difficile anche psicologicamente resistere. Personalmente conosco moltissime persone che se ne sono andate via spontaneamente dalle aree più sismiche perché non ce la facevano più. Chi abita nelle zone più a rischio dovrebbe essere certo che il proprio edificio sia in grado di resistere alle scosse più forti”, conclude.

 



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