Negli ultimi 2 anni, si è registrato un notevole aumento del sollevamento del suolo, del numero e della dimensione dei terremoti nella caldera dei Campi Flegrei. Questo aumento dell’attività, culminata con il recente terremoto del 20 maggio 2024 di magnitudo durata (Md) 4.4, ha generato preoccupazioni tra la popolazione e le autorità pubbliche circa l’impatto dell’attività sismica sugli edifici e sulle infrastrutture nella zona e circa le migliori azioni da intraprendere durante l’emergenza sismica per ridurre il rischio.

“Delineation and fine-scale structure of fault zones activated during the 2014–2024 unrest at the Campi Flegrei caldera (Southern Italy) from high-precision earthquake locations” è lo studio condotto da Francesco Scotto di Uccio (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini), Anthony Lomax (ALomax Scientific, Francia), Jacopo Natale (Università di Bari), Titouan Muzellec (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini), Gaetano Festa (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini), Sahar Nazeri (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini), Vincenzo Convertito (Osservatorio Vesuviano, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), Antonella Bobbio (Osservatorio Vesuviano, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), Claudio Strumia (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini) e Aldo Zollo (Dipartimento federiciano di Fisica E. Pancini), pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters dell’American Geophysical Union. In questo lavoro, gli scienziati, coordinati dal professor Zollo, hanno mappato l’ultimo decennio di sismicità con una nuova tecnica data dall’integrazione di dati sismologici, parametri geofisici ed informazioni geologiche note nell’area di indagine, che fornisce posizioni di terremoti ad alta precisione che ci consentono di svelare le zone di faglia attualmente attivate della caldera interna.

E’ stato possibile identificare il punto di nucleazione delle fratture sismiche di circa 9000 terremoti avvenuti tra il 2014 ed il 2024 con un’incertezza inferiore a quella ottenuta con i metodi tradizionali. Tale risoluzione ha consentito l’identificazione delle diverse zone di frattura che attivate durante l’attuale crisi sismica, rivelando una distribuzione quasi-ellittica della sismicità alla grande scala della caldera, e l’attivazione di fratture sismiche di geometria più complessa e variabile su piccole scale spaziali.

Le localizzazioni ad alta precisione dei terremoti durante l’attuale crisi bradisismica definiscono una profondità massima degli epicentri intorno ai 3-4 km di profondità, con gli eventi di magnitudo più grande generalmente associati a profondità maggiori. La distribuzione spaziale della sismicità si accorda bene con la geometria delle faglie precedentemente identificate nella struttura superficiale e attivate durante la storia millenaria del vulcano.

I risultati ottenuti in questo studio hanno permesso di identificare, per la prima volta, una nuova faglia localizzata al largo di Bagnoli – La Pietra, che è stata attivata durante il terremoto del 27 settembre 2023 (Md 4.2), fortemente avvertito dalla popolazione. Considerando le estensioni delle diverse strutture sismogenetiche identificate, è stato possibile per gli autori stimare, nell’ipotesi di parità di condizioni di sforzo rilasciato durante l’evento sismico, la possibile occorrenza di un terremoto con magnitudo momento massima pari a circa 5.



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