a cura di Paola Fevola
POZZUOLI – «Sarebbe bello sentire la voce di Giulia, la sua opinione riguardo ciò che le è successo. Ma Giulia non c’è più. Non avrò la presunzione di parlare al posto suo però, da spettatrice esterna, posso, anzi voglio, dire qualcosa. Dico che non vorrei ritrovarmi a parlare di violenza sulle donne ancora nel 2023. Ad oggi in Italia dall’inizio dell’anno si sono verificati 106 femminicidi. 106. Un numero enorme di donne uccise per la maggior parte da coloro che le “amavano”. Io non sono nessuno per parlare di amore, non so cosa sia e non lo ho mai provato verso un ragazzo, ma so per certo che quando Rapunzel si è innamorata di Flynn, la Bella della Bestia, Jasmine di Aladdin, quello era vero amore. Dico che nel 1612 fu processato Agostino Tassi, un pittore, per lo stupro di Artemisia Gentileschi avvenuto un anno prima. Dall’opinione pubblica lei fu ritenuta consenziente dato che aveva aspettato tanto tempo prima di denunciare. Una storia particolarmente attuale che però risale a 400 anni fa. Sono millenni che le donne subiscono violenze da parte di uomini che le ritengono oggetti, un loro possesso. E sono millenni che la colpa viene sempre attribuita alle donne. “Se l’è cercata”. “Se lo sarebbe dovuto aspettare”. “Se lo è meritato”. Anziché fare passi avanti verso un mondo in cui la parità di genere è la realtà e non un obiettivo dell’agenda 2030, noi restiamo fermi al 1612. Tutto va avanti, tutto si evolve tranne la nostra mentalità patriarcale e sessista. Dico che sono stufa di sentire le raccomandazioni dei miei genitori prima di uscire di casa, di accendere il telegiornale e scoprire l’ennesimo femminicidio. Sono stufa del fatto che si parli sempre di proteggere le proprie figlie e mai di educare i propri figli. Perché ieri era Artemisia Gentileschi, oggi Giulia Cecchettin e domani chissà chi sarà la prossima vittima del possesso.»
Esattamente un anno fa scrivevo questo, dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin e di altre 105 donne prima di lei. Oggi, dopo più di un anno dall’avvenimento posso dire con certezza che… non è cambiato assolutamente nulla. Da poco c’è stato il processo di Filippo Turetta, ex fidanzato e assassino di Giulia, che ha raccontato con estrema freddezza e razionalità ogni dettaglio e particolare dell’omicidio e di come lo aveva pianificato. Orribile, disgustoso ma più di tutto spaventoso.
Spaventoso per una ragazzina come me pensare che ogni volta che parla con un ragazzo sta potenzialmente rischiando la vita. Spaventoso per dei genitori temere di non vedere più la propria figlia tornare a casa la sera. Spaventoso per Maria, Chiara, Sara, Rosa, Alessia e le altre 84 donne che quest’anno sono state anche loro vittime del possesso e del conetto stravolto di amore che ci viene tramandato da anni. Amore come sinonimo di dolore, sacrificio, sofferenza e ubbidienza e non come ciò che dovrebbe essere nel suo significato più puro: affetto che causa la felicità propria e di altri. Attualmente, però, tentare di provare questa felicità è pericoloso, bisogna sempre guardarsi le spalle e ponderare ogni decisione. Chissà se mai esisterà davvero quell’amore come nelle favole, come tra Rapunzel e Flynn, tra Jasmine e Aladdin, tra la Bella e la Bestia.