Generazione Z – Il mondo visto con gli occhi dei giovani” è la nuova rubrica lanciata da Cronaca Flegrea per dare la parola ai giovani e trattare tematiche attuali ad impatto sociale. Uno spazio virtuale per consentire ai Centennials di esprimere le proprie idee.
A cura di Paola Fevola
Ogni mattina mi sveglio, accendo il telefono e mi ricordo che non sono abbastanza mentre guardo le foto di ragazze dalla vita perfetta che non rispecchia la mia. Mi ricordo che non sono abbastanza mentre mi trucco per coprire le imperfezioni che nelle mani altrui possono diventare lame affilate con cui colpirmi. Mi ricordo che non sono abbastanza quando arrivo a scuola e una battuta ingenua di una mia amica su un qualcosa che ho fatto o detto mi rovina l’umore per l’intera giornata, anche se devo fingere di stare bene e mettere su una maschera sorridente e allegra per non essere criticata alle spalle. Mi ricordo che non sono abbastanza quando per i corridoi vedo una ragazza con il fisico dei miei sogni ma che ovviamente non mi somiglia per niente. Mi ricordo che non sono abbastanza quando una mia amica riceve una rosa da un ragazzo a San Valentino, mentre io assisto alla scena a mani vuote. Mi ricordo che non sono abbastanza quando la prof. riconsegna le verifiche corrette e una mia compagna ha preso un voto più alto del mio, vanificando i miei sforzi a questo punto insufficienti. Mi ricordo che non sono abbastanza quando il pomeriggio non trovo la motivazione per studiare. Mi ricordo che non sono abbastanza quando mia madre mi rimprovera per la camera troppo disordinata. Mi ricordo che non sono abbastanza quando esco con i miei amici e devo ridere, scherzare e essere d’accordo con tutti perché è questo che si aspettano da me. Mi ricordo che non sono abbastanza quando la sera ancora mi illudo che il giorno dopo andrà meglio. Mi ricordo che non sono abbastanza quando penso di poter davvero “essere me stessa” come dicono tutti. La verità è che nessuno vuole conoscere “me stessa”. Vogliono solo ciò che si aspettano da “me stessa”, ciò che “me stessa” è autorizzata a fare senza (forse) essere giudicata.
Faccio il possibile per far credere agli altri che sono “perfetta” come si aspettano che io sia, ma nonostante l’impegno, non esaudirò mai tutti i desideri altrui, ci sarà sempre un qualcosa che manca e che non mi rende “perfetta”. E quel qualcosa che manca mi verrà sempre fatto notare accompagnato da una risatina, che tanto “è solo una battuta”.
Questa è la mia vita nella Roma del 2024: tutti hanno i social con cui seguono i medesimi influencer, tutti escono negli stessi posti, tutti si vestono alla stessa maniera. Tutti hanno cose in comune ed è proprio questo che ci rende una comunità.
L’essere una comunità, però, condiziona molto, troppo, il nostro modo di essere e il nostro comportamento, lasciando sempre meno spazio alla nostra più pura essenza.
Io stessa in realtà sono una persona ansiosa, sensibile e autocritica, ma fin da piccola ho indossato i panni della ragazza forte, autoironica e su cui tutti possono appoggiarsi, convincendo tutti, anche me stessa, che quella fossi io.
Ma se fossi nata in un altro contesto, in un’altra comunità, avrei indossato comunque questi panni? Assolutamente no.
Se fossi nata in Iran, per esempio, in questo momento mi starei curando poco dei voti e delle rose. Piuttosto starei pensando a combattere per i miei diritti sperando di ottenere la libertà che mi spetta. Sarei più coraggiosa e sicuramente più grata per le cose che invece spesso do per scontate.
Se invece mi trovassi nella striscia di Gaza il mio unico pensiero sarebbe sopravvivere e non il numero sulla bilancia.
Fossi cresciuta nell’antica Grecia, invece, mi limiterei al mio ruolo di madre e moglie, obbedendo a mio marito con estrema riconoscenza, perché in fondo sono solo una donna e lui può far di me ciò che vuole.
Negli anni ‘40 in Germania sarebbe stato tutto ancora più diverso .E così in ogni luogo, tempo e gruppo sociale che mi potrebbe venire in mente. Perché alla fine noi siamo la somma delle persone che ci circondano e tendiamo ad adattarci al contesto in cui viviamo, diventando la persona che meglio si incastra in quella determinata comunità, un banale insieme di persone che però sulla nostra vita ha un impatto decisivo.