POZZUOLI – Somministrata per la prima volta al mondo a Napoli, nella Clinica Oculistica dell’università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, una terapia genica sperimentale per una rara malattia ereditaria dell’occhio associata a sordità, la sindrome di Usher di tipo 1B (Ush1B). La tecnologia innovativa utilizzata, messa a punto nei laboratori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Pozzuoli, ha la potenzialità di allargare il campo di applicazione di questo approccio terapeutico a centinaia di altre malattie genetiche ad oggi senza cura. Sponsor dello studio, denominato Luce-1, è AAVantgarde Bio, azienda biotecnologica nata nel 2021 come spin-off del Tigem. Lo comunicano in una nota congiuntaTelethon, AAVantgarde e le università Vanvitelli e Federico II. La terapia genica – spiegano – è oggi una realtà terapeutica per diverse malattie, genetiche e non solo, ma ci sono ancora degli ostacoli che ne limitano l’applicazione.

I BAMBINI – Uno è rappresentato dalla capienza dei vettori virali, i virus modificati usati per trasferire nelle cellule dei pazienti versioni corrette dei geni responsabili delle loro patologie. Proprio come nel caso della sindrome di Usher di tipo 1B, malattia ereditaria che interessa la retina e l’orecchio interno e che colpisce secondo le stime circa 20mila persone negli Stati Uniti e nell’Unione europea. I bambini che ne soffrono nascono sordi, presentano disfunzioni vestibolari e iniziano a perdere progressivamente la vista nel primo decennio di vita. Sebbene siano disponibili trattamenti chirurgici per curare la sordità in questi pazienti, non esistono terapie per la perdita progressiva della vista e la cecità. La sindrome è dovuta a mutazioni di un gene, MYO7A, troppo grande per essere inserito nei vettori ad oggi più utilizzati in terapia genica per correggere difetti genetici dell’occhio, ‘navicelle’ derivate da piccoli virus della famiglia di quello del raffreddore, chiamati adeno-associati (Aav).

IL PAZIENTE UNO – Per la sindrome di Usher di tipo 1B, così come per oltre un centinaio di malattie genetiche dovute a geni troppo grossi per essere ‘impacchettati’ nei vettori attuali, la terapia genica finora era preclusa. Il neo direttore del Tigem Alberto Auricchio, professore ordinario di Genetica medica all’università Federico II di Napoli, lavora da molti anni per superare questo limite tecnico. Grazie al sostegno della Fondazione Telethon e di importanti finanziamenti internazionali, ha sviluppato insieme al suo gruppo 2 diverse piattaforme che consentono di trasferire geni di grosse dimensioni ‘frammentati’, assicurando però che una volta all’interno della cellula venga poi prodotta correttamente la proteina terapeutica completa. AAVAntgarde Bio, tra i cui fondatori c’è Auricchio, ha acquisito la licenza esclusiva per le malattie ereditarie della retina di entrambe le piattaforme. Quella applicata in questo caso si chiama ‘dual-Aav’ e consiste in 2 vettori di tipo Aav contenenti ciascuno una metà delle informazioni genetiche necessarie per produrre la proteina terapeutica, che poi si ricombinano una volta all’interno della cellula e ne consentono la produzione in quantità sufficienti. Il primo trattamento al mondo in un paziente affetto dalla sindrome di Ush1B è stato eseguito presso la Clinica Oculistica dell’università Luigi Vanvitelli dall’équipe diretta da Francesca Simonelli, professore ordinario di Oftalmologia e direttore dell’Uoc Oculistica, tra i massimi esperti a livello internazionale di terapia genica oculare.

L’ECCELLENZA – La Clinica Oculistica di Napoli – riporta infatti la nota – fa parte dei 3 centri selezionati in Europa e Simonelli è la responsabile dello studio. L’intervento prevede l’iniezione del vettore nello spazio sotto-retinico nell’occhio, in regime di anestesia totale. Obiettivo dello studio Luce-1, di fase 1/2, è valutare la sicurezza e la tollerabilità di questa terapia genica in persone con retinite pigmentosa correlata alla sindrome di Usher di tipo 1B. «È molto emozionante che la nostra tecnologia dual-Aav sia testata nell’uomo per un’indicazione oftalmologica. Comincia ora un nuovo percorso nel quale ci auguriamo che i risultati positivi osservati in laboratorio si confermino nei pazienti, con l’obiettivo finale di aiutarli nella loro funzione visiva», commenta Auricchio. «Sono molto felice di aver iniziato il primo studio clinico di fase 1/2 sull’uomo di Aav-081 per i pazienti con retinite pigmentosa correlata alla sindrome di Usher 1B – afferma Simonelli – Attraverso questo programma innovativo in cui siamo impegnati da molti anni, ci proponiamo di rivoluzionare il nostro approccio alla comprensione e al trattamento di questi pazienti per i quali non esiste terapia. Siamo pronti a generare prove solide che non solo faranno progredire le conoscenze scientifiche, ma avranno anche un impatto diretto sulla cura di queste persone».

GLI STUDI – «Sono particolarmente lieto che l’università degli Studi della Campania sia stata coinvolta in questo avveniristico progetto pilota – dichiara il rettore dell’ateneo Vanvitelli, Gianfranco Nicoletti – La nostra Clinica Oculistica, diretta dalla professoressa Simonelli, è stata selezionata a livello europeo quale centro di riferimento della terapia genica oculare. Ritengo che la ricerca scientifica sia al servizio della comunità e, pertanto, consenta il trattamento e la cura anche di patologie rare come la sindrome di Usher, migliorando significativamente la qualità della vita dei nostri piccoli pazienti. Ringrazio quindi tutti i componenti dell’équipe della professoressa Simonelli che, con la loro professionalità e dedizione, hanno reso possibile questo importante obiettivo». «La creatività e la valenza scientifica dei professori e ricercatori dell’ateneo federiciano che da anni operano al Tigem – conclude il rettore dell’università Federico II, Matteo Lorito – trova un’ulteriore conferma in questo risultato, che non solo consente il trasferimento al letto del paziente di una tecnologia sviluppata nei laboratori biotecnologici, ma offre una pletora di opportunità per il trattamento di importanti patologie utilizzando una terapia genica in grado di intervenire su geni di grandi dimensioni, superando un limite tecnico rilevante e determinante. Il lavoro del professor Auricchio e del suo team, oltre che quello di tutto il personale Tigem coinvolto, ha consentito ai clinici di testare un nuovo approccio terapeutico per una malattia rara, ma estremamente disabilitante. L’investimento del nostro ateneo in risorse umane – reclutamento di professori, ricercatori, dottorandi, assegnisti – a favore del Tigem e dei suoi progetti di ricerca avanzati continua a dare i suoi frutti, e contribuisce ad accrescere la già elevata rilevanza internazionale dei nostri scienziati al Tigem e dei dipartimenti universitari a cui essi afferiscono». 



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