La situazione dei Campi Flegrei è costantemente al centro del dibattito nazionale e locale ormai da mesi. Molti sono gli interrogativi dei cittadini, a cui però studiosi e istituzioni possono fornire alcune risposte dettagliate. E’ quanto provano a fare, da tempo, la Regione Campania e la Protezione civile. Sul sito ufficiale dell’ente di Palazzo Santa Lucia, infatti, in un’apposita sezione dedicata al vulcano, frequentemente aggiornata, è presente una lunghissima sequenza di quesiti con le relative risposte, oltre ad un’interessantissima ricostruzione storica del fenomeno bradisismo. 

Storia e morfologia

I Campi Flegrei sono una vasta area vulcanica attiva con una struttura detta “caldera”, cioè un’area ribassata di forma quasi circolare che si è formata per effetto di grandi eruzioni esplosive del passato. La caldera dei Campi Flegrei si estende da Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel Golfo di Pozzuoli.

Nel 1538 si è verificata l’ultima eruzione che, pur essendo fra le minori dell’intera storia eruttiva dei Campi Flegrei, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e, nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 m.

Da allora la caldera è quiescente, cioè “dormiente”, ma mostra segnali di attività quali sismicità, fumarole e deformazioni del suolo.

In particolare, la caldera dei Campi Flegrei è caratterizzata dal fenomeno del bradisismo che consiste in fasi di lento abbassamento del suolo, alternate a fasi di sollevamento più rapido. Il sollevamento può essere accompagnato da attività sismica con eventi che generalmente non raggiungono magnitudo elevate, ma che, essendo molto superficiali si avvertono facilmente e possono causare danni a infrastrutture ed edifici.

Le maggiori crisi bradisismiche recenti si sono avute nei periodi 1970-1972 e 1982-1984 e hanno fatto registrare un sollevamento del suolo complessivo di oltre tre metri e centinaia di terremoti. Durante queste crisi i residenti del centro storico di Pozzuoli sono stati evacuati e ricollocati in quartieri alla periferia della città. Dal 2005 è in corso una nuova fase di sollevamento del suolo che, in questi anni, si è innalzato di oltre un metro e ha fatto registrare moltissimi terremoti.

Dal 2012 il protrarsi delle variazioni di alcuni parametri geofisici e geochimici monitorati dalle reti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-Osservatorio Vesuviano (aumento della sismicità, cambiamenti nella composizione geochimica delle fumarole e dei gas dal suolo e naturalmente il sollevamento del suolo) hanno reso opportuno innalzare l’allerta al livello giallo e attivare la fase operativa di attenzione.

Le ‘tappe’ del bradisismo

La ricostruzione dell’andamento del bradisismo ai Campi Flegrei è stata possibile da inizio ‘800 grazie alle osservazioni compiute sulle rovine del Serapeo, mercato romano risalente al I – II secolo d.C., situato a poche decine di metri dal porto di Pozzuoli. Grazie alla datazione dei fori prodotti dai molluschi marini a varie altezze sulle colonne del Serapeo, è stato possibile, infatti, ricostruire le oscillazioni del livello del mare nel corso dei secoli, dovute al sollevamento o abbassamento del suolo. In tempi più recenti, a partire dal 1905, le tecniche di livellazione geodetica e, negli ultimi decenni, le misure satellitari (GPS e interferometria), hanno permesso di misurare con maggior precisione le variazioni del suolo e quindi di monitorare il fenomeno del bradisismo.

I primi dati forniti dalla rete di livellazione mostrano che tra il 1905 e il 1945 l’area dei Campi Flegrei è stata caratterizzata da un continuo abbassamento, pari a circa 100 cm misurati in prossimità del “Serapeo”, con una velocità media di circa 2,5 cm/anno. Successivamente si è registrata una inversione di tendenza poiché tra il 1945 e il 1953 il suolo ha ripreso a sollevarsi di oltre 50 cm in assenza di significativa sismicità. Sono seguite due crisi bradisismiche intense, rispettivamente nel 1970-1972 e nel 1982-84.

– La crisi degli anni ’70

La crisi bradisismica avvenuta tra il 1970 e il 1972 fu caratterizzata da un sollevamento complessivo (iniziato nel 1968) di circa 177 cm, con una velocità massima di 6,2 cm/mese.

Nei primi mesi del 1970 vennero segnalate numerose lesioni nei muri a secco che proteggevano il percorso della ferrovia cumana e in alcuni edifici del centro storico di Pozzuoli. I pescatori segnalarono diverse evidenze che indicavano un sollevamento del suolo, come la differente inclinazione delle passerelle dei traghetti o l’innalzamento di un arco situato nel porticciolo, sotto il quale i barcaioli da qualche mese potevano transitare stando in piedi sulle loro barche.

Il sollevamento fu accompagnato da sciami sismici con eventi di bassa magnitudo per lo più non avvertiti dalla popolazione. In particolare, furono registrate circa 2.600 scosse tra il 28 febbraio e il 30 ottobre 1970, tutte di bassa magnitudo (M<2.0), concentrate nella zona centrale di massimo sollevamento della caldera. Il 3 marzo 1970 iniziò lo sgombero del Rione Terra, in quanto molte delle abitazioni mostravano lesioni e si temeva non potessero resistere a possibili scosse sismiche più forti. Le persone allontanate dalle proprie abitazioni furono alloggiate in un ospedale e in alcuni alberghi lungo il litorale Domizio, in attesa dello sviluppo del futuro Rione Toiano.

Al termine della crisi, iniziò una lenta fase di abbassamento del suolo fino a circa 21 cm rispetto al massimo sollevamento.

A seguito degli eventi, fu emanata una legge speciale (n°475 del 19 luglio del 1971), che imponeva il rispetto delle prescrizioni valide per le zone sismiche di seconda categoria per le nuove costruzioni ricadenti nel Comune di Pozzuoli.

– La crisi degli anni ’80

La successiva crisi bradisismica, avvenuta tra il 1982 e il 1984, raggiunse un sollevamento massimo di 179 cm, per un totale di 334 cm rispetto al 1970. La velocità di sollevamento massima fu di 14,5 cm/mese. Il sollevamento fu accompagnato da terremoti e intensi sciami sismici: nel corso dell’intero periodo di crisi, furono registrati oltre 16mila eventi, con due scosse di M=4.0.

In particolare, la sismicità divenne significativa a partire dalla primavera del 1983. Da quel momento gli edifici di Pozzuoli furono sottoposti a continue sollecitazioni sismiche sia con eventi di piccola energia, ma molto frequenti, sia con eventi più isolati di energia più elevata. Un incremento significativo dell’attività sismica si registrò tra il 4 settembre e il 4 ottobre 1983 quando si verificò un terremoto di M=4.0 con epicentro nei pressi della Solfatara e una profondità tra 2,5 e 3,0 km.

L’evento produsse danni e panico nella città di Pozzuoli. Il terremoto fu avvertito in un raggio di oltre 30 km. L’intensità nell’area epicentrale (Pozzuoli) risultò del VII grado della scala MCS, mentre in parte della città di Napoli risultò del VI grado.

A seguito dei danni subiti da molti edifici di Pozzuoli, per effetto delle continue sollecitazioni sismiche, anche in questa occasione fu deciso l’allontanamento di parte della popolazione che, dopo un primo periodo passato nei villaggi turistici del litorale Domizio, è stata ospitata verso nel nuovo quartiere dell’area Monteruscello. Durante gli ultimi mesi del 1984, il fenomeno diminuì di intensità e la crisi sismica si chiuse con l’evento dell’8 dicembre di M=3.8.

Dal 1985 l’attività fu caratterizzata nuovamente da una fase di abbassamento del suolo che, a novembre 2004, raggiunse il valore complessivo di circa 94 cm. Durante tale periodo si verificarono tre brevi episodi di sollevamento, nel 1989, nel 1994 e nel 2000, tutti inferiori ai 10 cm, accompagnati da sciami sismici di bassa magnitudo.

La differenza principale tra la crisi bradisismica dello scorso secolo e quella attuale è nella migliore capacità tecnologica che permette di utilizzare reti di monitoraggio multiparametriche dense e ad alta sensibilità e affidabilità e di seguire lo sviluppo del fenomeno in tempo reale o quasi reale.

Le attività di monitoraggio e sorveglianza dei Campi Flegrei sono assicurate dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Osservatorio Vesuviano (Ingv-OV), attraverso una rete di strumentazione volta all’analisi della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle caratteristiche fisico-chimiche dei gas, che nell’insieme consentono di definire e valutare lo stato di attività del vulcano. Il monitoraggio attraverso reti strumentali multiparametriche è integrato da campagne di misura periodiche sul campo e da analisi in laboratorio, che garantiscono una visione completa delle dinamiche vulcaniche.

Anche l’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA) concorre al monitoraggio delle deformazioni del suolo, attraverso le analisi di interferometria radar da satellite.

Domande e risposte: tutto quello che c’è da sapere sui Campi Flegrei

– Che cos’è una caldera?

E’ una struttura vulcanica composta da un’area ribassata di forma quasi circolare che si è formata per effetto di grandi eruzioni esplosive del passato.​ E’ quindi diversa, morfologicamente, dal tipico vulcano a forma di cono.​ La caldera dei Campi Flegrei si estende da Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel Golfo di Pozzuoli.​ Nel 1538 si è verificata l’ultima eruzione.​ Da allora la caldera è quiescente, cioè ‘dormiente’, ma mostra segnali di attività quali:​ sismicità​, fumarole​, deformazioni del suolo​.

– Che cos’è il bradisismo?

Il termine “bradisismo” deriva dal greco «bradýs», lento e «seismós», che significa scossa.​ È una deformazione del suolo che comporta fasi di lento abbassamento alternate a fasi di sollevamento più rapido.​ Il sollevamento rapido può essere accompagnato da numerosi terremoti (sciami sismici) che generalmente non raggiungono magnitudo elevate ma, essendo molto superficiali, si avvertono facilmente e potrebbero in alcuni casi provocare danni a edifici e infrastrutture ad elevata vulnerabilità.​ Il fenomeno è noto ai Campi Flegrei ma anche in diverse caldere vulcaniche nel mondo (es. Long Valley, U.s.a.; Rabaul, Papua Nuova Guinea).

– Quanto può durare il bradisismo?

Non è possibile prevedere la durata di questo fenomeno.

– Perché il bradisismo causa i terremoti?

Attualmente il bradisismo determina un sollevamento del suolo, causato da una spinta dal profondo che deforma le rocce sovrastanti e ne provoca l’innalzamento. Nel deformarsi, le rocce possono arrivare al limite di rottura. Il terremoto è l’effetto di questa rottura delle rocce.

– Se i terremoti sono causati da fratturazioni delle rocce, se (e quando) il sollevamento dovesse interrompersi, l’abbassamento del suolo determinerebbe altre scosse sismiche?

Al termine delle crisi bradisismiche degli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, la fase di abbassamento del suolo non portò a sismicità percepita dalla popolazione. Questo ha fatto ipotizzare che le risposte della crosta indotte da sollecitazioni durante la fase di sollevamento siano diverse da quelle durante la fase di abbassamento (subsidenza).

– Se la caldera è grande circa 10 km², perché i terremoti bradisismici sono tutti concentrati tra Pozzuoli, Solfatara, Pisciarelli e Agnano, e qualcuno anche nel Golfo di Pozzuoli?

La sismicità è la risposta alla sollecitazione indotta dai processi deformativi ed è generalmente localizzata in quelle aree in cui la deformazione è maggiore o dove la crosta terrestre mostra zone di debolezza, o anche dove c’è maggiore presenza di fluidi che facilitano la rottura.

– Quali sono gli intervalli di tempo massimo conosciuto del bradisismo?

L’area dei Campi Flegrei è soggetta a periodi di sollevamento del suolo e periodi di abbassamento. La fase bradisismica precedente è durata due anni circa, quella attuale perdura – come sollevamento – dal 2005.

– E’ vero che se la Solfatara non ‘fuma’ ci sarà il terremoto?​

L’Osservatorio vesuviano dell’Ingv che monitora l’area con una fitta rete multi-parametrica non ha mai evidenziato connessioni tra l’assenza di gas nel sito Solfatara ed il verificarsi di terremoti.​

– Perché da qualche tempo i terremoti sono più forti?

Il verificarsi di terremoti di maggiore magnitudo e frequenza di accadimento può dipendere sia dall’accumulo continuo di sforzo indotto da una deformazione che da 19 anni sollecita la crosta terrestre, sia anche da repentini incrementi nella velocità di sollevamento che ne incrementano il comportamento fragile con fratture più frequenti, che liberano maggiore energia elastica.

– Qual è la massima magnitudo attesa ai Campi Flegrei?

Gli studi più recenti, che considerano sia analisi statistiche sia la sismicità storica dell’area, per terremoti legati al bradisismo stimano una magnitudo massima attesa tra 4.5 e 5.0.

– Da cosa dipende il sentire un terremoto? Perché edifici anche vicini tra loro avvertono i terremoti in modo diverso?

Un terremoto viene avvertito quando le onde sismiche da esso generate giungono in superficie in una zona abitata con energia sufficiente a causare uno scuotimento percepito dalle persone; oltre al caso di un terremoto forte, ciò può accadere anche con eventi sismici di magnitudo più piccola, localizzati molto vicino a un centro abitato. Due edifici vicini possono rispondere in modo diverso alle sollecitazioni di un terremoto perché le loro tipologie costruttive sono diverse o ancora perché, nonostante la vicinanza, esiste sempre la possibilità che i terreni e le rocce su cui essi sono fondati possano avere caratteristiche differenti.

 – In caso di crisi bradisismica è prevista un’evacuazione?​

Un eventuale allontanamento della popolazione verrà disposto​ nella “zona di intervento ristretta” solo nel caso in cui deformazioni del suolo e la sismicità fossero così importanti da provocare danni strutturali significativi agli edifici e alle infrastrutture e criticità tali da non poter più garantire, in modo efficace, i servizi essenziali per i cittadini.

– Perché ci sono giorni in cui l’odore di zolfo è molto intenso nell’aria e giorni di meno o nulla?

La percezione dell’odore di zolfo, frequente in alcune aree dei Campi Flegrei, è variabile e dipende dalla direzione in cui spirano i venti, dalle variazioni di pressione atmosferica e da possibili variazioni del tasso di emissione dei gas.

– Da cosa sono composte le fumarole che si vedono nella Solfatara, a Pisciarelli o sul bordo strada?

I gas che fuoriescono dalle fumarole sono, per lo più, vapore acqueo e anidride carbonica, unitamente a piccole quantità di altri gas.

– La presenza del bradisismo ai Campi Flegrei significa che sicuramente ci sarà a breve termine un’eruzione?

Studi specifici sull’attività delle caldere indicano che i periodi di “unrest” (fase di “agitazione” di un vulcano) di lunga durata sono spesso non eruttivi, cioè le crisi bradisismiche in molti casi non culminano in un’eruzione, come avvenuto anche negli anni ‘70 e ‘80.​ Tuttavia, in alcuni casi, anche nelle caldere gli “unrest” possono precedere un’eruzione.​

– Per i Campi Flegrei qual è l’evento più probabile? Un’eruzione come il 1538 o una più distruttiva?

Studi probabilistici basati sulla storia eruttiva passata dei Campi Flegrei dicono che le eruzioni più probabili sono quelle di bassa energia (del tipo di quella del Monte Nuovo, del 1538). Gli eventi più energetici sono considerati via via meno probabili, fino ad eventi di tipo Pliniano, considerati poco probabili anche se non con probabilità nulla. Il piano di protezione civile tuttavia è dimensionato per un’eruzione di energia media.

– Cosa vuol dire ‘unrest’, parola spesso pronunciata dai vulcanologi riguardo ai Campi Flegrei?

Unrest è una parola inglese che significa irrequietezza. Si usa spesso in ambito vulcanologico per indicare quel periodo in cui un vulcano attivo ma quiescente, cioè non interessato da attività eruttiva, emette segnali che tradiscono – appunto – una certa ‘irrequietezza’. Esempi tipici sono l’incremento dell’attività sismica, la deformazione del suolo, oppure variazioni nella quantità e tipologia dei gas emessi. La fase di unrest può culminare con la ripresa dell’attività eruttiva, oppure terminare senza conseguenze, con una progressiva diminuzione dei segnali registrati. La durata di questa irrequietezza può essere molto variabile, da pochi giorni fino a decine di anni. I vulcani che entrano in una fase di unrest sono sottoposti ad una stretta sorveglianza.

 – Quali sono le zone previste dal Piano per il rischio vulcanico?

La zona rossa è l’area per cui l’evacuazione preventiva è, in caso di “allarme”, l’unica misura di salvaguardia per la popolazione. È infatti esposta al pericolo di invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più pericoloso per le persone. Sono ricompresi in zona rossa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto; parte dei Comuni di Giugliano in Campania e di Marano di Napoli; alcuni quartieri di Napoli: Soccavo, Pianura, Bagnoli, Fuorigrotta e parte dei quartieri di San Ferdinando, Posillipo, Chiaia, Arenella, Vomero, Chiaiano e Montecalvario. Nell’area vivono circa 500mila abitanti.

La zona gialla è l’area, che in caso di eruzione è esposta alla significativa ricaduta di ceneri vulcaniche. Per quest’area potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei della popolazione che risiede in edifici resi vulnerabili o difficilmente accessibili dall’accumulo di ceneri. Nella zona gialla ricadono i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli: Arenella, Avvocata, Barra, Chiaia, Chiaiano, Mercato, Miano, Montecalvario, Pendino, Piscinola, Poggioreale, Porto, San Carlo all’Arena, San Ferdinando, San Giovanni a Teduccio, San Giuseppe, San Lorenzo, San Pietro a Patierno, Scampia, Secondigliano, Stella, Vicaria, Vomero e Zona Industriale. Nell’area vivono oltre 800mila abitanti.

– Perché si deve andare in altre Regioni e non si è pensato di portare i cittadini nelle aree interne della Campania o in altri comuni poco abitati?

In questo modo, i cittadini dei comuni della zona rossa potranno usufruire, oltre che dell’alloggio, anche della assistenza sanitaria, della continuità scolastica e dei servizi essenziali. Piccole aree interne non sono dotate delle strutture pubbliche necessarie a supportare e sostenere un incremento importante della popolazione (ad es. gli 80mila abitanti di Pozzuoli).​

La popolazione residente nelle zone rosse e gialle per il rischio vulcanico al Vesuvio e Campi Flegrei è pari a circa il 50% della popolazione campana. Una ricollocazione in regione avrebbe un impatto in termini di vivibilità nonché in termini organizzativi, difficilmente gestibile​. In ogni caso, chi dispone di un’altra soluzione alloggiativa in Regione (purché al di fuori della zona rossa) ​può sempre scegliere l’autonoma sistemazione.​

Se la caldera è circolare, perché la zona gialla è solo a sud est di Pozzuoli e non anche a nord di Pozzuoli (direzione Lago Patria)?

La zona gialla è definita in base alla probabilità di ricaduta di ceneri e del loro accumulo in spessori tali da poter causare danni. Tale probabilità, a sua volta, dipende dalla direzione del vento al momento dell’eruzione. Poiché nell’area napoletana studi di meteorologia hanno dimostrato che, nell’arco delle diverse stagioni, i venti spirano mediamente in direzione est-sud est, le aree che si trovano sottovento rispetto alla caldera sono quelle che con maggiore probabilità saranno investite dalla ricaduta di ceneri.

– Ci sono collegamenti tra Campi Flegrei e Vesuvio? E tra Campi Flegrei e Ischia?

Campi Flegrei, Ischia e Vesuvio appartengono alla stessa area vulcanica. Sono vulcani caratterizzati da magmi abbastanza simili. A livello dei serbatoi magmatici superficiali, i tre vulcani sono separati tra loro ed evolvono in maniera indipendente. Tuttavia, essi appartengono alla stessa area vulcanica e sono, probabilmente, da mettere in relazione ad un ambiente geodinamico comune, che ha permesso la formazione di magmi con caratteristiche simili.

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