POZZUOLI – La corte di assise d’appello l’ha ribaltata nuovamente: fine pena mai per i quattro boss di Pozzuoli e Quarto. È la sentenza emessa nei confronti di Gennaro Longobardi, Gaetano Beneduce, Salvatore Cerrone detto “o biondo” e Nicola Palumbo “faccia abbuffata” emessa ieri dalla V sezione – presidente Ginevra Abbamondi con a latere Amalia Taddeo – per il duplice omicidio di 27 anni fa dei boss del Rione Toiano Domenico Sebastiano detto “Mimì cap e mort” e Raffaele Bellofiore “o biondo”.

LE CONDANNE – I quatto boss erano stati condannati all’ergastolo in primo e secondo grado, sentenze poi annullate dalla Cassazione che aveva fatto cadere le testimonianze dei pentiti. Nei mesi scorsi il giudizio era tornato in Appello, con la Procura generale che nel frattempo aveva sentito due nuovi pentiti del clan Polverino: Giuseppe Ruggiero, detto “Geppino Ceppa ‘e fung” e Giuseppe Simioli. Il primo avrebbe, in prima persona, partecipato ai preparativi e accompagnato il furgone nel Rione Toiano, per poi accompagnare con un’auto i killer a Marano. Azione condotta insieme al fratello Castrese e a Simioli. Il supporto sarebbe stato dato in virtù degli accordi tra i Polverino e il clan Longobardi-Beneduce che aveva i due boss, all’epoca, latitanti proprio a Marano.

L’AGGUATO – Il duplice omicidio fu condotto il 19 giugno nel 1997 quando un furgone -poi risulto rubato a Gaeta – scortato da alcune auto entrò nel Rione Toiano, all’epoca roccaforte del boss Salvatore Bellofiore. All’interno del mezzo viaggiavano almeno quattro persone, tutte incappucciate e munite di fucili da guerra, tra cui ci sarebbero stati i quattro boss, ritenuti mandanti ed esecutori. Sul posto anche uno “specchiettista”, che avrebbe avuto il ruolo di avvisare il commando dell’arrivo in strada delle vittime designate. Bellofiore e Sebastiano furono inseguiti e ammazzati tra i giardinetti e i palazzi popolari detti “carrarmati”.

IN CARCERE – Tre dei quattro boss attualmente sono detenuti, due dei quali in regime di carcere duro: si tratta di Gaetano Beneduce, sottoposto al 41 bis a Spoleto e Nicola Palumbo detto “faccia abbuffata”, rinchiuso nel carcere di L’Aquila; non è sottoposto al 41 bis invece Gennaro Longobardi, che si trova nel carcere di Terni. Infine Salvatore Cerrone è sottoposto alla misura della casa lavoro nel nord Est d’Italia e a breve sarebbe dovuto rientrare a Quarto. Le difese (Palumbo, Longobardi e Cerrone sono difesi dall’avvocato Domenico De Rosa mentre Cerrone da Luca Gili) ora attendono le motivazioni della sentenza (previste tra 60 giorni) per presentare nuovo ricorso in Cassazione.



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