C’è poco da girarci intorno. Non partiva con i presupposti migliori l’esercitazione ‘Exe’ della Protezione civile, sull’emergenza bradisismo, programmata tra ieri 25 e oggi 26 giugno a Bagnoli, Pozzuoli e Bacoli. Già nei giorni scorsi erano filtrati i numeri dei cittadini che si erano registrati per partecipare, presentati sottovoce ai media come “una percentuale bassa sul totale dei residenti”.
Poi, almeno per quanto riguarda il Comune di Napoli, lunedì è stata ufficializzata la cifra finale. Quasi da non crederci: 28 partecipanti. Un numero basso, bassissimo, insignificante, con buona pace di chi voleva verosimiglianza. In una condizione di crisi reale ci sarebbero file interminabili di persone da assistere, situazioni critiche da gestire, caos. Difficile questo possa avvenire con 28 partecipanti, una classe del liceo più che quattro o cinque quartieri di una metropoli.
Uno dei 28 registrati, effettivamente residente flegreo, sono io stesso. Avevo compilato la domanda, sul sito del Comune di Napoli, il 14 giugno. Mi è arrivata risposta solo l’altro ieri (il 24): “Per partecipare attivamente alle attività esercitative dovrà raggiungere l’area di attesa ‘Metro L2 Bagnoli/Agnano Terme’ […] alle ore 10 di mercoledì 26 giugno prossimo, portando eventualmente con se il suo animale d’affezione. L’esercitazione terminerà entro le ore 14 della stessa mattinata”.
Lascio a casa il mio “animale d’affezione” che non ha fatto niente di tanto sbagliato da meritarsi un’esercitazione, ma stresso al massimo (si fa per dire) la situazione, cioè non porto con me acqua, né cibo, né un cappellino per ripararmi dal sole. Immagino ci saranno tende, bottigliette d’acqua e che eventualmente si dovesse fare tardi mi verrà dato qualcosa da mangiare.
Al punto di raccolta
Conosco il quartiere e ho presente dove si trova il luogo d’incontro, ma in tutta l’area circostante non c’è una singola segnalazione che spieghi dove andare. Sono le 10 e qualche minuto e mi sorge un dubbio che non si rivelerà poi tanto campato per aria: e se fossi l’unico a presentarsi? Ad attendermi trovo tre mezzi dell’Asl Napoli 1, due auto della Municipale, due della Protezione civile, gazebo blu, gazebo bianchi. E poi volontari, personale della protezione civile, personale medico. E i cittadini? Mi aspettavo almeno un gruppo di una quindicina di persone, ma evidentemente non ci sarà alcun assembramento. Mi accodo all’unico residente che mi pare di individuare, un pensionato che sta chiedendo spiegazioni a un responsabile nazionale della Protezione civile (evidentemente la persona che coordina le operazioni). Il responsabile racconta con gentilezza e nel dettaglio in che cosa consiste questa giornata.
Riassumo. L’esercitazione riguarda lo scenario bradisismico 3, con un numero imprecisato di cittadini che lasciano le loro abitazioni perché spaventati o perché queste mostrano segni di cedimento dopo una forte scossa. viale della Liberazione è soltanto un punto di raccolta, dove non c’è che un gazebo informativo sulla situazione nei Campi Flegrei (immagino in caso di mezza catastrofe che voglia di leggere dépliant…), uno di coordinamento della Protezione civile, uno dell’Asl; una volta raccolti gli sfollati questi vengono instradati verso quello che è il vero centro che li registrerà e smisterà per pernottare, ovvero il palazzo della Municipalità in via Acate.
Provo a vivere appieno l’esperienza ‘punto di raccolta di viale della Liberazione’ e decido di andare prima a informarmi al gazebo ‘Io non rischio’ e poi a simulare una fragilità al gazebo dell’Asl, così da capire che tipo di meccanismi di assistenza si attivino. Piccola nota metodologica: anche se in questo secondo caso spiego che la fragilità è solo simulata, non rendo (né qui né successivamente) mai esplicito il fatto che sia un giornalista dato che preferisco un trattamento da curioso cittadino ordinario.
Il punto informativo era popolato di volontari della Protezione civile assolutamente cordiali e di una gentilezza enorme. Non ho dubbi che dal punto di vista empatico, in caso di calamità vera, riuscirebbero a confortare degli sfollati. Ho però più di una perplessità sulla loro formazione. Guardavo con uno di loro la mappa dell’area flegrea e non riusciva a capire perché ci fossero soltanto alcuni quartieri di Napoli e non altri. E no, a Bagnoli non siamo in zona gialla come mi ha detto, ma in zona rossa e allerta gialla. Su di un volantino mi viene mostrata anche la stazione Garibaldi come punto di partenza per le Regioni gemellate al quartiere, ma anche in questo caso si fa confusione col piano di evacuazione. Insomma, proprio non ci siamo.
Sono soltanto da ringraziare per quello che fanno – ho scoperto che molti di loro erano a Pozzuoli nei giorni successivi al terremoto del 20 maggio – d’altra parte però è necessario investire nella loro formazione, altrimenti l’apporto del comparto maggiore delle forze in campo si riduce a montare tende e smistare volantini. Questa è di certo la criticità più rilevante registrata oggi e al contempo la ragione per cui può essere utile continuare a fare esercitazioni, ovvero le persone intervenute sono in gran parte evidentemente per la prima volta di fronte a qualcosa di questo tipo.
Passando poi al presidio sanitario, ho chiesto lì assistenza simulando esplicitamente di essere cardiopatico e agitato. Mi hanno registrato, chiesto la situazione clinica, visitato, offerto dell’acqua e il trasferimento in ambulanza verso la sede della Municipalità (che ho rifiutato). Il tutto con attenzione e anche in questo caso estrema gentilezza.
Verso la sede della Municipalità
Da viale della Liberazione a via Acate sono poche centinaia di metri. Sufficienti però innanzitutto a farmi chiedere come mai la registrazione e lo smistamento degli sfollati non si potesse già fare nel punto di raccolta. E ancora, sufficienti a farmi incontrare una coppia di cittadini che pure stava partecipando all’esercitazione e che mi aveva visto qualche minuto prima.
I due mi fermano e io gli chiedo che ne pensano della mattinata. Lamentano la scarsa partecipazione della gente, lamentano che pare tutto più votato a oliare i meccanismi della Protezione civile che non a preparare la cittadinanza. Mi rendo conto che non hanno ben chiaro che non stiamo simulando la più drastica evacuazione per rischio vulcanico (quell’esercitazione è in programma a ottobre), ma del resto poco prima avevo visto diversi curiosi attraversare il punto di raccolta e chiedersi cosa stessimo facendo. Insomma di comunicazione su ‘Exe’ ne è passata davvero molto poca, e probabilmente anche piuttosto male. Con la coppia di residenti mi saluto con una nota di scarsissima speranza (mi dicono: “Ok il punto di incontro, i trasferimenti, ma se molti napoletani si ritrovano in strada spaventati vuoi vedere che non prendono piuttosto l’auto e intasano tutte le vie di fuga?”) e proseguo verso via Acate. Anche stavolta nessuna indicazione ad hoc lungo la strada.
Prima di fare lo scalone del palazzo al numero 65 un ultimo pensiero poetico: ma possibile stamattina, per un’occasione tanto importante, non si sia presentato un rappresentante delle istituzioni uno? Un sindaco Manfredi, un assessore, un presidente di Municipalità, un assessore di Municipalità? Sì, possibile.
Anche all’esterno della X Municipalità ci sono ambulanze e auto della Municipale. Una volta dentro chiedo di registrarmi per la notte e mi accompagnano ad un tavolo dove fornisco i miei dati. Mi chiedono se voglio trascorrerla nell’edificio in cui mi trovo (“lo faremo finché c’è posto, qui ci sono 50 letti in tutto”) oppure preferisco una sistemazione alberghiera. Scelgo sulla fiducia l’albergo fittizio ‘Il boschetto’, che si trova in una generica provincia di Napoli, e mi viene detto che posso recarmici o con mezzi propri oppure con delle navette della Protezione civile regionale.
Faccio qualche domanda, già che ci sono. Mi faccio mostrare la zona letto allestita nella struttura, i bagni, chiedo se sono previsti pasti (“un servizio di refezione verrebbe attivato per il pranzo del giorno seguente, affidato alle aziende che si occupano della mensa scolastica in zona”), quanti cittadini hanno partecipato fino a quel momento (erano le 11.40). Dieci residenti e 16 figuranti, mi viene detto. Non ci avevo pensato ma in effetti era normale venissero previsti, i figuranti. Forse soltanto non era previsto che sarebbero stati in numero maggiore rispetto ai cittadini partecipanti.
Saluto tutti, mi invitano a partecipare anche alla prossima esercitazione e a “far girare la voce” che questa si terrà. Non mancherò.
Perché così pochi partecipanti?
Italo Giulivo, il direttore generale della Protezione civile della Regione Campania, ieri ha detto ai nostri microfoni che a ottobre confida in una partecipazione maggiore, ma sembra più un esercizio di pensiero magico che non una previsione vera. Uno dei maggiori spunti di interesse a proposito di oggi è proprio capire perché i partecipanti fossero tanto pochi.
Innanzitutto, di certo la comunicazione dell’evento è stata insufficiente. Fino a l’altro ieri non conoscevo (né da partecipante né da giornalista) un orario di inizio o di fine dell’esercitazione, cosa che se da un lato conferisce verosimiglianza al tutto – i terremoti non si prevedono – dall’altro per chi lavora, o ha figli o qualsiasi altro impegno rende la partecipazione assai complicata.
Quando ho chiesto ad un esponente della Protezione civile come mai ci fossero così pochi partecipanti mi ha detto una cosa cui non avevo pensato: “Le persone hanno ancora fresco il ricordo di un mese fa”. Credevo quell’evento fosse uno stimolo alla partecipazione, invece è probabile sia davvero stato, al contrario, un deterrente. I cittadini avevano concretamente visto quanto viene messo in campo in uno scenario reale esattamente speculare a quello simulato oggi: quasi nulla. Il 20 maggio il terremoto si verificò di sera. In tantissimi a Bagnoli scesero in strada, soprattutto ritrovandosi in viale della Liberazione. Non si vide un’auto della Municipale né si attivò la Protezione civile, che invece per la notte montò tende e diede il suo supporto a Pozzuoli.
In conclusione, mi aspettavo così ‘Exe’? Sì e no. Sì, perché ero consapevole che non avrei trovato file, calca, panico e tutto ciò che davvero potrebbe verificarsi in un’emergenza reale; no, perché più che in un percorso canonizzato di operazioni ho avuto la sensazione di trascorrere qualche decina di minuti in un luna park del soccorso, in una piccola fiera dell’emergenza tra gazebo e chiacchierate. Una dimostrazione. La speranza è che a ottobre, per un’esercitazione che simulerà uno scenario ancora più critico e complesso, partecipino più persone e che le stesse istituzioni e gli stessi operatori in campo possano aver comunque in qualche modo tratto vantaggio dalla giornata di oggi, così da mostrarsi più rodati e più pronti. Più pronti di oggi, certo, ma soprattutto dello scorso 20 maggio.