Una ricostruzione inedita dello sviluppo dei Campi Flegrei. È quella effettuata da un team internazionale di ricercatori grazie a una innovativa tecnica di imaging geodetico 4D, che ha svelato i segreti del sistema di alimentazione del vulcano napoletano.

Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Remote Sensing of Environment. A guidare il team Pietro Tizzani, geofisico dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente di Napoli (IREA-CNR), che ha lavorato in collaborazione con istituzioni come l’IGEO-CSIC di Madrid, l’INGV-Osservatorio Vesuviano, il Canada Centre for Mapping and Earth Observation e l’Università del Colorado.

“L’analisi di dati radar multi-piattaforma raccolti tra il 2011 e il 2022 ha tracciato una mappa dettagliata della complessa struttura della caldera flegrea,” spiega la dottoressa Monica Pepe dell’IREA di Napoli. L’elaborazione di oltre 800 immagini satellitari mediante la tecnica avanzata DInSAR (Differential Interferometric Synthetic Aperture Radar), impiegando i satelliti Sentinel (ESA) e COSMO-SkyMed (Agenzia Spaziale Italiana), ha permesso di ricostruire con precisione la geometria e le dinamiche evolutive del sistema magmatico.

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I risultati

I risultati evidenziano una “zona a imbuto” attiva tra 4 e 5 km di profondità, in cui si concentrano e migrano le sorgenti di sovrapressione, possibile canale di alimentazione magmatica della caldera. A una profondità di circa 3-4 km, i ricercatori hanno inoltre individuato una “lente” parzialmente fusa, circondata da strati fratturati di tufi, sedimenti marini e piroclastiti. “Questi strati facilitano la risalita di magma e gas, costituendo un canale naturale per l’attività fumarolica nell’area di Solfatara e Pisciarelli,” aggiunge Vincenzo De Novellis, vulcanologo dell’IREA di Napoli.

“Abbiamo utilizzato una metodologia di inversione tomografica avanzata, che ci ha permesso di ottenere un’immagine accurata delle sorgenti responsabili delle deformazioni osservate,” spiega Tizzani, coordinatore della ricerca. Questo approccio multidisciplinare ha consentito di monitorare i processi di risalita e accumulo di magma e fluidi nel tempo, producendo una rappresentazione 4D del sistema.

Lo studio rappresenta un significativo progresso nella comprensione delle dinamiche della caldera flegrea, dimostrando come l’integrazione di dati geodetici e sismici con tecniche di modellazione avanzate possa individuare fenomeni di stress e sovrapressione a diverse profondità. È stata inoltre identificata una zona superficiale a circa 400 metri di profondità, che potrebbe alimentare fumarole locali e contribuire alle emissioni di oltre 3500 tonnellate di CO₂ al giorno.



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